Questa settimana la nostra blog-rubrica “Il Bias della Settimana” viene introdotta da un interessante articolo scritto per Il Sole 24 Ore da Giovanna Prina, Managing Partner di BB7, l’azienda con cui abbiamo sviluppato il nostro gioco di carte bias INSIDIAE.

Il bias di diffusione della responsabilità

Giovanna ci fa riflettere su come, all’interno del team di lavoro, il bias di diffusione della responsabilità possa causare cali di produttività e ci dà anche qualche idea su come affrontare questo rischio. Questo bias è stato studiato fin dagli anni ’60 ed è definito nell’articolo come segue: “Si tratta del fenomeno sociopsicologico, studiato da Latané e Darley negli anni 60. L’input del loro studio fu l’assassinio di una ragazza a New York. In quella situazione ben 38 vicini di casa testimoniarono di aver sentito le grida e le richieste di aiuto, ma nessuno fece nulla per aiutarla durante l’aggressione. Quello che Latané e Darley conclusero è che quando in una situazione di emergenza ci sono molte persone che potrebbero agire, ognuno tende a delegare a qualcun altro l’iniziativa, soprattutto quando il gruppo è numeroso e non c’è nessuno che ha un ruolo riconosciuto come legittimato ad intervenire”. In pratica, se non c’è una “investitura” di responsabilità (ad esempio attraverso una delega esplicita), siamo inconsciamente portati a pensare che qualcun altro sia responsabile. Questo bias ha effetti deleteri sui gruppi, causando diminuzioni di produttività, e sulle organizzazioni – pensiamo ad esempio ai casi di molestie e discriminazioni in azienda dei quali si è testimoni e sui quali non ci si sente sufficientemente ingaggiati per intervenire.

Un altro effetto, su scala ancora più grande è il non-intervento dei governi, delle multinazionali, degli organismi di regolamentazione e di tutta una serie di altre istituzioni sulla questione del cambiamento climatico.  Negli ultimi anni ci sono state molte ricerche interessanti che hanno cercato di indagare i meccanismi per cui, nonostante il pericolo imminente, ormai scientificamente provato e i ripetuti appelli degli scienziati, le azioni (dei politici, degli imprenditori, delle banche, ecc.) non corrispondono all’urgenza del cambiamento richiesto. Gerdien De Vries, analizzando le campagne sul clima, mette in evidenza l’importanza della comunicazione pubblica nell’affrontare la questione e il fatto che queste non sembrano prendere sufficientemente in considerazione i bias cognitivi che influenzano il comportamento dei differenti attori, collettivi ed individuali.

I Draghi dell’Inerzia

Oltre alla “responsabilità diffusa”, i pregiudizi che agiscono per incoraggiare l’inazione sulla questione includono:  l’effetto Titanic – “affonderemo tutti comunque, la fine del mondo è ineluttabile” o, al contrario, il bias di ottimismo – “la tecnologia, il mercato, qualcos’altro ci salverà“, il bias di sconto iperbolico – “ripristiniamo la crescita dell’economia oggi, penseremo al resto domani” che interviene facendoci concentrare solo sui benefici immediati, il bias dell’altrove – “Il nostro Paese è montuoso, l’innalzamento delle acque dell’oceano non ci riguarda“, il bias della conformità sociale – “gli altri governi/imprese non agiscono, non vedo perché dovremmo farlo noi“, il bias della rilevanza – che ci fa vedere vantaggi e svantaggi solo quando hanno davvero un impatto su di noi “le turbine eoliche sono molto utili ma possediamo grandi risorse di petrolio“. David Gifford, della Victoria University, ha anche trovato un nome molto evocativo per questi bias di inerzia: ‘Dragons of Inaction’ e propone un interessante strumento diagnostico www.dragonsofinaction.com dal suo sito web, volto ad aiutare le persone a identificare i propri draghi personali, anche se i draghi più temibili e potenti sono quelli collettivi.

Come affrontarli

Cosa possiamo fare allora quando ci troviamo di fronte a questo tipo di situazioni? Proprio come in un aeroplano, quando c’è una perdita di pressione in cabina e le maschere dell’ossigeno cadono: per prima cosa, iniziare con se stessi: cosa sta succedendo in me in questo momento? Quali di questi pregiudizi, di questi draghi, potrebbero volare nella mia testa? Poi aiutare gli altri: controllando le proprie supposizioni, cercando di comprendere quali schemi di pensiero che stanno strutturando il modo in cui stanno (in)agendo in questo momento. Quando questo viene fatto, possono emergere nuove possibilità.

 

Per leggere l’articolo di Giovanna Prina >>> https://www.ilsole24ore.com/art/attenzione-diffusione-responsabilita-puo-far-male-team-ADbsHQ0