Negli ultimi anni – e dovremmo esserne tutti grati! – c’è stata un’enfasi sempre più forte sul diventare un’organizzazione Purpose-led (guidata dal purpose/dallo scopo) e sul fatto che i leader di queste organizzazioni guidino a partire dal purpose.

 

Purpose: la nuova chiave per sbloccare la performance organizzativa?

 

La logica è semplice: se il purpose organizzativo è chiaro, il processo decisionale diventerà più facile (non necessariamente facile, ma almeno più facile!), perché non ci saranno equivoci su ciò che dovrebbe orientare le persone; non appena avranno integrato il purpose, lo staff saprà cosa fare senza che voi dobbiate dirglielo, portando a cicli virtuosi che aumenteranno il significato sul lavoro, a maggiore autonomia, benessere, meno burocrazia, più efficienza, ecc. I vostri clienti saranno più propensi a scegliervi, e più fedeli nel rimanere con voi; e i vostri azionisti potrebbero anche ricollocare le loro decisioni in un paradigma di “creazione di valore condiviso” (vedi il lavoro di Michael Porter), piuttosto che nella visione ristretta del solo paradigma del “valore per gli azionisti”.

In altre parole, guidare con Purpose non può che essere vantaggioso per tutti…o no?

 

Beh, non è così semplice… Come sempre, la coerenza tra la teoria e la pratica è la sfida fondamentale, tanto più che non sempre siamo consapevoli di quanto cio’ che facciamo si discosti da cio’ che diciamo. Vi proponiamo un modo per rifletterci.

 

Più di 70 anni fa (sì, questo tema del Purpose non è nuovo!), il Tavistock Institute stava già esplorando questi temi, chiamando il purpose, all’epoca “Compito primario”. Un po’ più tardi, il Grubb Institute, che ha lavorato a stretto contatto con il Tavistock, ha introdotto il concetto di Purpose, visto come “l’impatto che un’organizzazione intende avere sul suo Contesto; la ragione primaria per cui un’organizzazione esiste”.

 

Tre livelli di Purpose

 

Gordon Lawrence, che ha lavorato per entrambi gli istituti ed era una figura di spicco in quel campo all’epoca, suggerì, a metà degli anni 70, che c’erano in effetti 3 livelli di Scopo. Poiché le sue parole erano un po’ “gergali”, nella figura che segue trovate un adattamento:

Il Purpose Formale è quello che veniva chiamato, fino a 5 anni fa, il “Mission Statement” dell’organizzazione, e che ora è stato spesso ribattezzato come “dichiarazione di Purpose”. Come indica il suo nome, è l’espressione formale di ciò che l’organizzazione vede come la sua principale finalità – la descrizione formale dell’impatto che vuole creare nel mondo.

 

Prendiamo ad esempio Renault, una delle principali case automobilistiche francesi; il loro sito web descrive il loro scopo in questo modo: “Facciamo battere il cuore dell’innovazione in modo che la mobilità ci porti più vicini”. Oltre a “cuore” e “più vicini” – probabilmente qui per accedere al nostro campo emotivo – le parole chiave in questa dichiarazione sono “innovazione” e “mobilità”. In poche parole, lo scopo di Renault è di innovare nel campo della mobilità.

 

Se chiedete al loro personale, o ai loro clienti, probabilmente vi racconteranno una storia diversa. Per loro, Renault è un produttore di automobili. Dal punto di vista del personale, il Purpose Informale di Renault (la storia che ci raccontiamo nei corridoi, o nelle riunioni a porte chiuse) è quello di fare molte auto che molti clienti compreranno, in molti paesi diversi. La prospettiva di un cliente su questo Purpose Informale è probabilmente una variazione su questa descrizione, qualcosa come: Renault fa auto innovative / affidabili / belle con un buon rapporto qualità/costo.

 

C’è ancora un altro livello di scopo; è meno visibile, ma comunque molto al centro dell’attività di qualsiasi organizzazione. Lo chiamiamo Purpose Attuato, e con questo intendiamo l’impatto che l’organizzazione sta effettivamente avendo sul suo contesto, che ne sia consapevole o meno. È dedotto dalla valutazione di quegli impatti – compresi quelli che non sono sempre inclusi nella valutazione d’impatto tradizionale, e che tendono ad essere chiamati “esternalità”, o “impatti collaterali”.

 

Una visione delle attività di Renault potrebbe portarci a suggerire che il suo scopo dichiarato potrebbe essere quello di contribuire al cambiamento climatico, creando macchine che rilasciano CO² nell’atmosfera. Naturalmente non è la finalità prevista, ma il loro impatto sul mondo è tale che un occhio esterno potrebbe identificarlo come il Purpose Attuato.

Guidare con Purpose

Renault è chiara sul posto che occupa il suo Purpose nella strategia e nelle operazioni dell’azienda: “Il nostro Purpose è il fondamento di tutto: i nostri valori, il nostro piano strategico, i nostri orientamenti in termini di responsabilità sociale e ambientale” (sito Renault.com del 22/02/2022).

 

Tuttavia, in un’organizzazione guidata dal Purpose, la sfida per la leadership è di assicurarsi che tutti e tre i livelli del Purpose siano allineati il più possibile, o almeno che tutte le azioni siano mirate ad allinearli – come illustra la figura qui sotto:

Per fare questo, i leader dovranno intraprendere una valutazione onesta di dove si posiziona la loro organizzazione su questi tre livelli, e intraprendere le azioni correttive per ridurre il divario tra loro.

Potrebbero anche aver bisogno di rivedere la stessa dichiarazione di Purpose che hanno formalmente adottato. Per Renault, potrebbe essere qualcosa come “Facciamo battere il cuore dell’innovazione in modo che la mobilità ecologica ci avvicini gli uni agli altri”.

 

È curioso come 2 parole possano fare una tale differenza! Inserendo una connessione con il proprio impatto sugli ecosistemi mondiali, Renault farebbe molta strada nel creare le condizioni per trasformare il suo Purpose Dichiarato, stabilendo di far leva sull’innovazione non solo al servizio dalla mobilità in sé, ma di una mobilità rispettosa dell’ambiente. Questo aprirebbe enormi vie di trasformazione, non solo in termini di prodotti (passando alle auto elettriche per esempio), ma anche di modelli di business (vedi l’azienda di tappeti Interface passata dalla vendita al leasing per esempio, dove la proprietà del prodotto rimane al produttore, che è molto più incline a garantire una vita molto più lunga ai suoi prodotti).

 

Leadership con Purpose 21° secolo

 

Come abbiamo appena visto, guidare con Purpose è un’arma a doppio taglio: mentre può essere allettante attirare la lealtà dei collaboratori e dei clienti con uno scopo formale che ispira, a lungo termine funzionerà solo se i leader assicurano di sforzarsi di allineare il Purpose Formale, Informale, Attuato.

Questo potrebbe essere un ostacolo per le organizzazioni che si domandano se vogliono diventare organizzazioni orientate al Purpose? Speriamo di no; perché nel 21° secolo, non abbiamo altra scelta che trasformare le nostre organizzazioni in modo che il loro impatto passi dall’essere degenerativo all’essere rigenerativo. E impegnare la propria organizzazione a definire il suo Purpose potrebbe essere un modo talmente energizzante e fruttuoso di farlo!