Il processo decisionale non è qualcosa di istantaneo, che accade solo nel momento in cui la decisione viene presa. Piuttosto, si trova all’interno di un processo che include la preparazione alla decisione, la decisione stessa e poi l’impatto della decisione stessa. Quel processo può essere estremamente rapido (minuti o addirittura secondi), oppure richiedere alcuni giorni o settimane.
Il tempo impiegato non è un criterio centrale per valutare se una decisione è buona o sbagliata. O meglio: il tempo necessario per decidere non è un indicatore del fatto che una decisione sia buona o meno. Ciò che conta di più è se la decisione è stata presa al momento giusto (cioè né troppo presto né troppo tardi) e se l’uso del tempo è stato efficiente. E, cosa più importante, ciò che rende buona una decisione è il risultato, l’impatto che ha sulla realtà su cui si è dovuto decidere.
Noi in Nexus usiamo un modello iterativo in 8 fasi per l’eccellenza nel processo decisionale, che si dimostra particolarmente utile quando si accompagnano gruppi a prendere decisioni complesse:
Passo 0: Impostare il campo
Prima ancora di iniziare il processo decisionale in sé, è importante prendersi del tempo per definire il campo di questa decisione: la finalità e il purpose, la tempistica, quali ruoli devono essere coinvolti e in quale fase(i), ecc. Nel nostro approccio, ci piace usare il modello delle 3T: Time, Task, & Territory. In altre parole, quando deve essere presa una decisione; qual è il suo purpose, il compito primario di quella decisione e infine dentro quale perimetro essa va presa. Questi 3 confini diventano molto utili più avanti nel processo, per monitorare se il processo decisionale è sulla buona o sulla cattiva strada.
Passo 1: Accesso ai dati rilevanti
Qualsiasi decisione si basa in modo fondamentale su dati pertinenti e rilevanti. Ciò richiede una mente aperta, per cercare fonti che potrebbero non essere quelle abituali, ma a cui la situazione potrebbe richiedere di accedere; richiede anche inclusione, in modo che le persone più vicine alla situazione/sfida/opportunità possano essere coinvolte e condividere i loro dati, ma anche ascolto di opinioni e persone molto diverse. E l’inclusione richiede fiducia: queste persone non condivideranno due volte i dati con voi se per qualche motivo la loro fiducia viene tradita.
Passo 2: raccogliere e selezionare i dati
Le neuroscienze cognitive hanno evidenziato l’impatto dei bias inconsapevoli sulla nostra percezione e quindi sul nostro processo decisionale. Concretamente, questo significa che i processi autonomi che usiamo per raccogliere e selezionare i dati tendono ad essere influenzati dai nostri schemi mentali. Inoltre, attraverso la nostra traiettoria culturale e professionale, sviluppiamo anche punti ciechi che ci impediscono di selezionare dati importanti. Impegnarsi nel passo 2 in quanto gruppo eterogeneo, con diversi punti di vista, permette di mitigare il rischio di angoli ciechi e bias inconsci
Passo 3: Elaborare i dati
Dare un senso ai dati selezionati include un passaggio di attribuzione di significato – il processo di inferenza è un altro passaggio critico, ben esemplificato nella Scala di inferenza di Peter Senge (MIT, Boston). Sospendere il giudizio piuttosto che fare supposizioni, resistere alla tentazione di trarre conclusioni troppo presto e controllare il nostro sistema di credenze si rivelerà utile in questa fase, come anche essere capaci di “scendere” dalla scala di inferenza e riesaminare la realtà ed i dati raccolti.
Mentre il processo decisionale deve basarsi sui dati, l’intuizione e l’istinto possono avere qui il loro spazio, dato che possono essere pensati come un modo non cosciente di elaborare i dati – a patto che vengano esplorati e lavorati, setacciando ciò che viene realmente dalla situazione da ciò che proiettiamo in essa.
Anche la cultura del team giocherà un ruolo importante: permettendo la curiosità, l’indagine e il parlare chiaro, piuttosto che il conformismo in nome di una supposta lealtà, vi impedirà di cadere nella trappola del groupthink e quindi di prendere decisioni potenzialmente sbagliate, a basso contenuto di rischio, non coraggiose.
Passo 4: Prendere la decisione
Le decisioni complesse richiedono una capacità di pensare attraverso tale complessità; accedere ad una immagine complessa della realtà, senza tralasciare dimensioni importanti della situazione. Richiedono inoltre una particolare disposizione interiore: calma, chiarezza mentale, impegno. Paura e rabbia sono due disposizioni da cui vale la pena allontanarsi quando si tratta di prendere la decisione vera e propria.
Alcune decisioni possono essere prese solo da una persona; ma molto spesso possono essere prese da un gruppo. Il vantaggio di una decisione collettiva è che lega coloro che l’hanno presa e aumenta il loro senso di responsabilità per attuarla – aumentando così le possibilità di impatti positivi.
Un’area interessante da esplorare quando si guarda al processo decisionale è il tempo: la decisione è stata presa quando abbiamo detto che l’avremmo fatto? È stata presa quando la situazione richiedeva di prenderla? Se abbiamo finito per prenderla prima del previsto o più tardi – perché? E si è rivelata la scelta migliore o no?
Un’altra area interessante da esplorare è intorno a : chi ha finito per prendere la decisione? E perché quella persona o quel gruppo? E come si collega a questioni di ruolo, responsabilità e accountability nell’organizzazione?
Passo 5: Impatto: Realizzazioni ed esiti
Lo scopo principale di prendere una decisione è ovviamente quello di generare un impatto sulla situazione/problema/opportunità al centro del processo decisionale. Decidiamo di intraprendere azioni (output) per generare una situazione più positiva (outcome).
Ci sono però altri due elementi che vale la pena tenere presenti in termini di impatto, che non fanno necessariamente parte dello scopo iniziale, ma che sono sottoprodotti del processo decisionale. Il primo è l’impatto sul team: può uscirne rafforzato dopo i passi 1-4, ma può aver subito un impatto più negativo dall’esperienza e/o dal risultato della decisione – vale la pena evitare di non dare nulla per scontato in questa fase.
Il secondo sono gli stakeholder: ogni decisione che prendiamo ha un impatto anche su di loro.
Passo 6: valutare l’impatto della decisione
Quanto il problema è stato risolto, l’opportunità colta?
Come si sente il team dopo la decisione e il suo impatto? Ne sta uscendo più forte o il processo ha creato risentimento, divisioni, mancanza di fiducia? Lo stesso vale per i nostri interlocutori nella situazione: qual è stato l’impatto su di loro, come ne stanno uscendo?
Passo 7: valutare il processo della decisione
Se vogliamo migliorare la performance e puntare all’eccellenza, è importante imparare dall’esperienza. Il punto 7 ci permette di rivedere come abbiamo attraversato ogni passo, cosa ha funzionato bene e cosa potrebbe essere migliorato. Introdurre in questo momento una prospettiva multi-stakeholder, una cultura di apertura, le garantirà di ottenere il meglio dal passo 7.
Passo 8: Imparare e migliorare
Questo è il momento di raccogliere tutti gli elementi dai passi 6&7 e di progettare azioni volte a migliorare la prossima iterazione del processo decisionale. Questo significa accogliere sia i successi che gli errori – questi ultimi sono spesso le migliori fonti di apprendimento e miglioramento!
L’idea è quella di tendere all’eccellenza, piuttosto che pensare ed attuare ricompense e punizioni. E più saranno coinvolte persone nell’intero processo, più si creerà una cultura dell’apprendimento che porterà ad una migliore fiducia e quindi ad un migliore accesso ai dati rilevanti, ad una migliore raccolta e selezione e ad una migliore elaborazione: un vero e proprio ciclo virtuoso.
Vale la pena notare che questo ciclo di apprendimento nel passo 8 non solo darà impulso al processo decisionale organizzativo, ma potrà aiutare anche a migliorare la leadership, la mentalità, i valori, la risoluzione dei conflitti, la diversità e l’inclusione. Così che entrando attraverso un prisma (il processo decisionale), potrete, con questo ciclo di apprendimento, sviluppare le vostre capacità organizzative su tutta una serie di altre questioni cruciali per la maturità organizzativa.