Suzanne è dirigente di una grande impresa francese nel settore dell’energia. Le viene comunicato che guiderà il progetto trasformazione digitale, un progetto trasversale chiave, che coinvolgerà tutta l’azienda nei prossimi mesi, ruolo per il quale riporterà direttamente al CEO. Il progetto era guidato fino ad ora da Jean-André. Era iniziato nel 2019 ma, vuoi per la crisi del COVID, vuoi per altri fattori, stava stagnando e non stava riportando i risultati sperati. Nel proporle il ruolo le viene detto che una delle cause del malfunzionamento passato è stata l’incapacità di Jean-André di parlare del progetto alle persone coinvolte, in maniera convincente e di non saper manifestare sufficiente empatia nel comunicare i cambiamenti che avrebbero coinvolto il personale e quindi la discesa in picchiata di tutti gli indicatori di clima, dato il malcontento generalizzato che sta provocando la trasformazione. Il progetto è iniziato anche a causa della perdita di quote di mercato che stava registrando l’azienda, perdita che è stata amplificata durante il primo anno di vita del progetto. Suzanne accetta il posto con entusiasmo, dicendosi che la sua nomina, in una cultura aziendale che storicamente preferisce gli uomini in ruoli visibili e con alta componente politica come quello che le è stato proposto, deve essere frutto di un vento nuovo, portato anche dalla creazione della funzione Diversity, Equity & Inclusion, un vento che sta soffiando nella società intera e che sta portando forse finalmente dei cambiamenti concreti.
Fin dalla metà degli anni 70, in particolare grazie a Marylin Loden che per prima ha utilizzato l’espressione durante una conferenza, il concetto di Glass Ceiling (soffitto di vetro) ha fatto la sua apparizione negli studi organizzativi e di genere. Si tratta in sostanza di quella serie di barriere strutturali (bassa paga, basso status dei ruoli affidati etc) e culturali, in particolare gli stereotipi di genere, che fanno si’ che la carriera delle donne si fermi spesso a ruoli di middle management. Più recente è invece l’emergere del fenomeno Glass Cliff (scogliera di vetro). Si tratta di un concetto creato nel 2005 da due ricercatori, Michelle Ryan & Alexander Haslam. Colpiti da un articolo del Times ispirato da una ricerca che sembrava mostrare che le donne e le minoranze, in particolare le minoranze etniche, in ruoli di leadership, generano performance sotto la media, i ricercatori hanno esaminato più in dettaglio i contesti nei quali le donne sono state nominate in posti di alta responsabilità. Ne è emersa una caratteristica comune, che rimette completamente in discussione i risultati della ricerca precedente, spostando il focus dalle capacità individuali al terreno nel quale queste possono/non possono essere espresse. I contesti nei quali quelle nomine venivano realizzate, infatti, erano definibili come “di profonda crisi”. E quindi, esattamente come su una scogliera pericolosa, le donne nominate in posizioni di leadership in questi contesti moltiplicavano il rischio di fallire, di essere additate come incapaci anche pubblicamente e lo stress derivante da condizioni particolarmente faticose, che alimenta il circolo vizioso del glass cliff. Si potrebbe obiettare che il successo o l’insuccesso in posizioni ad alto livello di complessità, è influenzato da molte variabili oltre al genere ed alle condizioni di crisi. In numerose altre ricerche si sono esaminate le scelte su degli scenari fittizi che permettevano l’isolamento di alcune variabili, confermando il fenomeno del Glass cliff: donne e minoranze venivano preferite a uomini bianchi di preferenza durante situazioni di crisi.
Potremmo a questo punto chiederci: perché, durante una crisi è più facile che il Glass Ceiling nelle organizzazioni (ma anche, come è stato dimostrato, in politica e nello sport) venga superato, mettendo pero’ le categorie fino ad allora escluse dal potere in condizioni di alto rischio di fallimento? Una spiegazione possibile è che in questi contesti particolarmente delicati e difficili, le competenze ricercate, da parte di chi ricopre ruoli di leadership, siano diverse. Se in tempi “normali” viene preferita una leadership agentica con caratteri di rapidità, assertività, determinazione, una leadership che viene riconosciuta soprattutto negli uomini, corrispondendo allo stereotipo “Think manager, think male” (V.E.. Schein, 1973), in tempi difficili invece “Think Crisis, Think Female”. Le competenze ricercate cambiano e diventano di preferenza quelle appartenenti alla sfera della gestione delle emozioni, del creare contenitori per gestire le resistenze al cambiamento, l’empatia, l’attenzione ai problemi degli altri. E’ quella che Burns ha definito come la leadership transazionale e le competenze “communality”, considerate (consciamente o inconsciamente) un “nice to have” in tempi normali, vengono riconosciute come centrali e permettono alle donne di essere più viste come possibili occupanti posizioni di potere, perché queste competenze corrispondono allo stereotipo femminile nutritivo, materno, relazionale.
Potremmo ipotizzare che questo bias sia una delle componenti che hanno influenzato la nomina nel caso di Suzanne, che è stato presentato in apertura. L’offerta del ruolo di responsabile di un progetto chiave, visibile, importante e “politico” avviene dopo un fallimento. Suzanne arriva in un contesto di perdita di quote di mercato, di risultati disastrosi dal progetto, di indicatori di clima in caduta libera, di scontento generalizzato e di grande rischio di insuccesso. E’ questa un’altra caratteristica del fenomeno Glass Cliff. Sulla donna prescelta arrivano eccessive proiezioni positive. Un’ipotesi possibile per spiegare la dinamica fallimentare del Glass Cliff puo’ essere fatta a partire dall’assunto di base “dipendenza” dal leader, di Wilfred Bion. I membri dell’organizzazione, messi davanti alla loro incompetenza a lavorare sul compito, proiettano tutto il potere di uscita da questa situazione fallimentare, sulla donna designata. Se la designata introietta la proiezione organizzativa, lo stress generato dal rischio di non riuscire e la constatazione che le condizioni per la riuscita non sono riunite puo’ generare, a livello personale, un’incapacità effettiva ad agire al meglio. Questa dinamica personale è accompagnata anche da una dinamica del sistema. Gli attori ed attrici dell’organizzazione proiettando tutto il potere sulla persona della leader, sono deresponsabilizzati rispetto alla trasformazione, l’aspettativa, consapevole ed inconsapevole, è che il lavoro sia fatto da qualcun altro.
Un’altro bias ancora puo’ essere causa della nomina di una donna in questo tipo di situazioni. E’ un desiderio inconsapevole, da parte di una cultura organizzativa fondata su stereotipi maschili del successo, di mantenere lo status quo e quindi di veder fallire la donna nominata, in maniera tale da poter confermare l’idea che il potere è una cosa da uomini.
Nel nostro lavoro di accompagnamento sia individuale che collettivo, ci è capitato di incontrare il Glass Cliff non solo sul genere ma anche su ruoli specifici – forse perché percepite come più sfidanti per lo status quo rispetto a funzioni più tradizionali come marketing, vendite, produzione etc. – in particolare quelli che accompagnano, a vario titolo, la Responsabilità Sociale d’Impresa, o l’Investimento Responsabile. Ci sono casi nei quali le organizzazioni sembrano aver creato il ruolo per mostrare che il cambiamento non è possibile, o che è solo sulle spalle della persona o della funzione che se ne occupa, liberando dalla responsabilità il resto dei membri dell’azienda. La persona che prende il ruolo, in questi casi, che sia uomo o donna, si trova ad agire su una china molto pericolosa, dalla quale è più facile cadere che essere efficaci.
Come avviene per tutti i bias, anche per il Glass Cliff le dinamiche inconsce sottostanti possono essere molto mobilizzatrici e restano implicite se individualmente e collettivamente non si riesce a trovare la buona distanza per nominarle e la volontà di trasformarle.
Quali possono essere alcune piste concrete per poterlo fare? Di seguito alcune piste di lavoro che abbiamo esplorato con Suzanne in coaching, prima della sua entrata in ruolo:
- Prima di prendere il ruolo Suzanne deve negoziare attentamente le risorse che le saranno messe a disposizione, commisurate con l’importanza del progetto, i risultati attesi, gli impatti. Definire, insieme alla direzione, indicatori di successo realistici e misurabili, per ancorare la propria azione alla realtà. Una delle risorse importanti per la riuscita è proprio da ricercare in un committment visibile della Direzione e del CEO dell’azienda, che dovrà essere chiaro e ben definito fin dall’inizio, ed eventualmente da rivedere in seguito ai feed back che verranno durante l’azione.
- Un secondo passo è costituire una mappa degli alleati possibili, crearsi un network forte che possa sostenerla e fornirle risorse per raggiungere i suoi obiettivi.
- Un altro elemento importante è costituito da un lavoro di fondo sulla cultura organizzativa, da un lato per far emergere i modelli mentali ed per trasformarli, d’altro lato per chiarire bene le aspettative e le responsabilità di tutti rispetto al progetto trasformazione digitale. La scogliera di vetro diventa meno pericolosa se non si è sole a percorrerla.
- Un lavoro ancora più profondo riguarda il chiarimento dei modelli di leadership organizzativi, dichiarati e agiti e l’interrogazione collettiva su questi modelli. Suzanne avrà bisogno non solo delle competenze della leadership trasformazionale, per permetterle di gestire la parte emotiva e le resistenze alla trasformazione, ma anche di competenze “agentic leadership”, quando ad esempio dovrà decidere quali pratiche abbandonare perché non sono più portatrici di vitalità organizzativa e quanto il cambiamento dovrà essere distruptive per l’organizzazione. Queste competenze sono proprio quelle che, in contesti nei quali gli stereotipi di genere sono presenti e guidano inconsapevolmente lo sguardo, l’apprezzamento, il giudizio delle persone, fanno fatica ad essere viste ed accettate quando sono espresse dalle donne, dalle quali collettivamente non ci si aspetta determinazione, assertività, rapidità, assunzione di rischio. Il modello della leadership rigenerativa si rivela essere molto più utile ed inclusivo, per uscire da modelli duali che rischiano di rinforzare questi stereotipi.