Accogliere la natura

Il primo passo per chi vuole intraprendere la permacultura, quando arriva su un nuovo terreno o in una nuova comunità agricola, è quello di rallentare e di trattenere qualsiasi impulso verso una rapida azione “produttiva”. Il mio amico Rob (https://www.robhopkins.net/) suggerisce addirittura che, una volta deciso il luogo nel quale stabilirsi, costruire una casa e un “forest garden”, sia prima necessario osservare e interagire con la terra per un anno intero, in modo da comprendere appieno come vive questo luogo: dove c’è il sole, l’ombra, come circola l’acqua, quali cespugli crescono abbastanza in primavera per ospitare la fauna selvatica, ecc…

L’osservazione coinvolge gli occhi, naturalmente, ma anche il naso (per identificare le erbe, ad esempio), le orecchie (per ascoltare il vento, gli animali, ecc.), le papille gustative (per verificare cosa è commestibile) e le mani (per sentire il terreno, toccare gli alberi, le pietre, ecc.). In un certo senso, l’osservazione coinvolge anche il cuore, poiché si lavorerà anche su come ci si sente nelle diverse parti dell’ecosistema.

 

Come potete immaginare, l’interazione con il mondo naturale avviene in questo caso con grande rispetto, letteralmente in un rapporto da soggetto a soggetto. Lentamente, attraverso l’osservazione e l’interazione attenta, assorbirete l’ecosistema dentro di voi; sentirete i suoi schemi di interconnessione, identificherete i punti di forza e le opportunità che contiene al suo interno. Solo allora potrà iniziare la fase di progettazione, che avrà il compito di modulare la realtà esistente, di favorire, attraverso un attento design, relazioni vantaggiose e di amplificare così il dispiegarsi del potenziale del sistema.

 

Osservare e interagire con i sistemi umani: il ruolo centrale dell’empatia

Sia che arriviamo in un sistema nuovo per noi, ad esempio una nuova organizzazione, sia che vogliamo iniziare un nuovo sistema, sia che ci “svegliamo” un giorno con una nuova intenzione in relazione a un sistema a noi apparentemente familiare, sarà possibile applicare gli stessi principi di relazione: dovremo rallentare, trattenere qualsiasi impulso a trovare soluzioni velocemente e guardare, sentire, ascoltare ciò che le persone stanno cercando di dire e incoraggiare la loro apertura attraverso il dialogo. Ma poiché siamo parte del sistema, dovremo fare lo stesso con noi stessi: come mi sto comportando, cosa sto provando, cosa sto cercando di esprimere, quali nuove possibilità dentro di me stanno cercando di trovare la loro strada verso la luce del sole e come posso alimentarle?

 

In qualche modo, osservare e interagire significa affinare la nostra capacità di empatia; anzi, significa passare all’empatia come modalità operativa primaria. Chi sono le persone intorno a me, cosa stanno facendo e sentendo e come mi posizione io in relazione a loro? Quali sono i modelli di relazione che emergono? Quale realtà sociale stiamo producendo attraverso questi modelli? Quali sono i luoghi principali in cui questa realtà viene prodotta (ufficio, sala riunioni, corridoi, pub serale…) e quali sono i principali processi di produzione (e-mail, conversazioni informali, riunioni, commenti furtivi, crisi…)? Qual è il contesto più ampio in cui esiste il nostro campo sociale e quanto stiamo integrando – o bloccando – le informazioni e le risorse che circolano in questo contesto?

Quali schemi di interazione sembrano liberare energia, nuove idee e nuove possibilità per il sistema, e quali schemi di interazione sembrano tenerci bloccati nel produrre le stesse idee ed esperienze da cui, allo stesso tempo, vogliamo allontanarci? Quali assunti di fondo stanno tracciando il territorio in cui interagiamo? Tra questi, quali sono maturi per essere modificati e come potrebbe apparire il nuovo territorio dopo tale cambiamento?

 

L’osservazione riguarda anche il potenziale racchiuso nel sistema: qual è la competenza del gruppo, quali sono i sogni, quali i valori? Che cosa ha significato per le persone qui, quale potrebbe essere la loro prossima mossa se si permettessero di aprirsi solo leggermente al loro desiderio interiore di autorealizzazione? E… quale potrebbe essere il mio desiderio? Che cosa ha significato per me, verso quale scopo mi sento attratto?

 

Come possiamo vedere, l’osservazione e l’interazione in un ecosistema umano coinvolge più della nostra testa/mente; dobbiamo anche usare il cuore e le viscere come sensori altrettanto validi, che ci dicono come ci si sente in una situazione e quale significato – o meno – essa porta alle persone che sono coinvolte.

 

La permacultura offre una prospettiva importante in questo senso, poiché ci ricorda costantemente che il modo per sviluppare sistemi naturali ad alto rendimento e a bassa manutenzione è quello di generare innovazione all’interno del sistema piuttosto che adottare e replicare soluzioni che hanno funzionato altrove.

Un cambiamento potente e duraturo dovrà quindi provenire dall’interno del sistema; dovrà, letteralmente, svilupparsi dall’interno. Anche in questo caso, è fondamentale sia accogliere il sistema, sia mettersi in sintonia con esso, in modo da percepire gli schemi, le speranze, le energie inutilizzate, ecc.

 

Per concludere, vorrei sottolineare il fatto che è meno facile osservare e interagire con tutti i cinque sensi in un campo sociale che in un campo naturale. Di conseguenza, tendiamo a lasciare che sia solo il pensiero a costruire la nostra realtà: il rischio è che potremmo ritrovarci ad osservare e interagire con i contesti sociali solo a partire dal nostro punto di vista dimenticando di connetterci con quello che gli altri vivono e condividono collettivamente. Penso che in questa situazione sia importante ed utile tornare alla nostra esperienza vissuta e piena della realtà in cui ci stiamo evolvendo e dialogare con gli altri sulla loro esperienza vissuta: questo potrebbe essere un modo per ri-impegnarci ad osservare ed interagire…