Il post che segue è l’estratto di un intervento che Nexus ha realizzato durante una delle due conferenze, tenute presso una grande multinazionale, nella giornata che annualmente viene dedicata ad una riflessione collettiva sul purpose. Verrà pubblicato in due parti, una parte introduttiva e una parte dedicata alla riflessione pratica.  

Qualche tempo fa in Nexus ci è capitato di leggere il libro Subtract, scritto da un ricercatore americano, Leidy Klotz e frutto di una serie di osservazioni e ricerche; il libro ha generato in noi molte riflessioni, è come se ci fosse stato un prima e un dopo, e queste riflessioni sono diventate trasformazioni sia nel nostro lavoro che nelle nostre vite personali.

Ve ne parliamo legandole al tema del purpose perché, come vedremo, abbiamo trovato l’idea di sottrarre particolarmente adatta a celebrare questa giornata ed a proseguire nelle riflessioni che avevamo iniziato l’anno scorso intorno a “purpose e rigenerazione” e “purpose e felicità”.

Per riscaldarci vi propongo un piccolo esercizio…provate a pensare al miglioramento di un viaggio, visto che siamo in periodo pre-vacanze pensate al vostro prossimo viaggio e a come potreste migliorarlo…se non dovete viaggiare pensate a come migliorereste la vostra casa e scriveteci i risultati in chat…alcuni hanno detto che vorrebbero una casa più grande, una piscina, un viaggio con più tempo, più tappe…altri invece, e sono più o meno la metà hanno ragionato diversamente, hanno detto “vorrei una casa con meno cose” o “vorrei liberarmi di tanti oggetti”…forse il titolo della conferenza vi ha un po’ influenzati, ma questo è un bene perché, come vedremo, visto che l’idea di sottrarre non è intuitiva, è bene che ci sia qualcosa, come un titolo, che quando prendiamo una decisione ci aiuta a ricordarcene.

Vi faccio ora vedere questa figura e vi chiedo come, con il numero minimo di mosse, renderla simmetrica:

Anche qui vedo che ormai siete attenti e nel risolvere molti e molte si sono dati la possibilità di pensare di sottrarre il quadratino in alto, piuttosto che aggiungere quadratini. Forse vi sorprenderà sapere che degli adulti che sono stati coinvolti nello stesso gioco, solo una piccola parte, il 12% ha invece trovato la soluzione “per sottrazione”. Gli altri hanno pensato soluzioni additive quali ad esempio questa:

Questo gioco fa parte di una serie di attività che sono state utilizzate per sperimentare l’intuizione iniziale cioè la preferenza sistematica per l’addizione, l’automatismo che ci spinge a pensare che la soluzione di un problema stia nell’aggiunta.

In questa conferenza esploreremo insieme tre punti:

  1. Perché continuiamo ad aggiungere?
  2. Cosa c’entra il purpose con la sottrazione?
  3. Come fare concretamente a sottrarre?

Racconta Leidy Klotz, il ricercatore e professore della Virginia University che ha divulgato l’importanza del concetto di “sottrazione” attraverso il suo libro “Subtract”, che un giorno stava giocando con i mattoncini Lego insieme a suo figlio Ezra e che, posto di fronte al problema di “come migliorare una costruzione” il bimbo ha cominciato spontaneamente a togliere mattoncini, mentre per lui, il padre, la risposta naturale era piuttosto di aggiungere pezzetti di Lego. Dalla sorpresa, provata dal ricercatore in questa situazione,  è nata l’intuizione che poi ha dato vita a numerose ricerche, ripetizioni dell’esperimento, consolidamento della teoria.

Ma da dove viene, perché questa coazione ad aggiungere? Perché per dimostrare di essere competenti aggiungiamo? Perché continuiamo a produrre delle check list infinite per il gusto di spuntarle e produrne delle nuove ? Perché continuiamo ad aggiungere amici sui social network? Perché la sottrazione non viene presa in considerazione?

Ci sono diverse spiegazioni che i ricercatori hanno ipotizzato, in parte biologiche ed in parte culturali, ne vediamo insieme alcune. Una ipotesi è che la coazione ad aggiungere sia collegata ad altri bias, routine di ragionamento fisse e spesso inconsapevoli, del nostro cervello. Ad esempio, i sunk cost, cioè il bias che fa sì che una volta che abbiamo investito è difficile disinvestire perché si percepiscono le perdite e non i possibili guadagni (quel bias per il quale una volta pagato il biglietto del cinema restiamo anche se il film non ci piace, per dirla in termini semplici).

Più in generale l’avversione per le perdite potrebbe essere un’altra spiegazione, insieme al privilegiare lo status quo piuttosto che l’incertezza dovuta al cambiamento. Un’altra spiegazione, molto affascinante, potrebbe venire da lontano, dall’evoluzione della specie umana da nomade a stanziale e, con la conquista della stanzialità e dell’agricoltura, dalla possibilità acquisita/bisogno di cominciare ad accumulare oggetti, cibo etc. nelle abitazioni diventate fisse e nelle agglomerazioni urbane. Ed in questa evoluzione la ricerca e l’accumulazione di cibo diventa cruciale per la sopravvivenza e continua a guidarci malgrado le condizioni moderne di relativa abbondanza.

Non va dimenticato però che l’evoluzione è un bilanciamento tra aggiungere e sottrarre, pensate ad esempio alla capacità di lavorare il legno; ma anche ad fenomeno molto interessante che avviene nel nostro cervello, che potremmo familiarmente chiamare “potatura delle sinapsi” che ci permette di rigenerare il nostro cervello durante il riposo notturno, eliminando ciò che non viene utilizzato per non sprecare energia nel suo mantenimento. E la natura ci insegna la stessa cosa. In un ecosistema sano la natura seleziona e favorisce la vita da un lato (quindi aggiunge) e nello stesso tempo favorisce la morte, aiutando a morire ciò che non serve più. È il processo che si chiama rigenerazione del quale abbiamo parlato lo scorso anno in relazione al purpose aziendale.

Quindi forse possiamo riconnetterci con la sottrazione, ma dobbiamo fare un piccolo sforzo.

La coazione ad aggiungere può infatti costarci molto cara: aggiungere lavoro in continuazione, aggiungere riunioni su riunioni ad un progetto, aggiungere attività alla “to do list”, aggiungere oggetti in casa, cibo, sigarette, impegni sociali, amici sui social network…I costi che genera l’abitudine ad aggiungere sono altissimi.

A livello individuale lo stress, la sensazione di non avere mai finito, di essere fuori controllo, il “carico mentale” che ci fa svegliare di notte perché ci ricordiamo di qualcosa che non abbiamo fatto, l’ingombro delle nostre case da parte di oggetti inutili…e a livello collettivo i consumi eccessivi che stanno rendendo il nostro pianeta inabitabile.