In questi giorni ho il grande privilegio di co-facilitare un gruppo insieme ad un formidabile prete Gesuita. Scherzando ci diciamo che io sono addetta alla parte psicosociale e lui si occupa di spiritualità, ma in realtà formiamo un binomio integrato!
La parola intenzione viene dal latino in tendere, tendere verso, volgere verso un determinato termine. Tra i diversi significati della parola “intenzione”che potete trovare in qualunque vocabolario, ce n’è uno che è particolarmente interessante: in medicina l’intenzione è infatti l’atto di avvicinare i lembi di una ferita per permettere la cicatrizzazione. Questo significato rimanda alla rigenerazione della pelle, alla possibilità di guarire riunendo quello che era separato perché era stato ferito.
Durante il nostro lavoro insieme al padre gesuita, ad un certo punto per il gruppo si è posta la necessità, di avere conversazioni difficili tra alcuni dei membri per poter veramente agire come un collettivo intorno ad un purpose comune. Ed è su questo che siamo arrivati al tema dell’intenzione ed al suo chiarimento.
Quando decido, ad esempio, di incominciare una conversazione difficile, di che tipo è la mia intenzione? E’ una intenzione che vuole davvero rigenerare? Ed è questo punto che il contributo del padre gesuita (e di Ignazio di Loyola) è stato illuminante. Prima di affrontare queste conversazioni difficili infatti una domanda che ci puó aiutare ad esplorare l’intenzione profondamente è “La mia intenzione nell’avere questa conversazione è diritta?” e diritta significa semplice, non mescolata ad altre. Una bella metafora è quella del biliardo, nel quale si colpisce una palla mentre in realtà se ne vuole colpire un’altra e la palla che si colpisce serve solo a mandare l’altra in buca.
A volte le intenzioni possono invece essere confuse, ripiegate (proprio il contrario di semplici, simplex, sem-plectere, piegato una sola volta). Se davvero la nostra intenzione è guarire, riparare una ferita è importante quindi togliere quello che si mescola ad essa (desideri narcisistici, manipolatori, non benevoli nei confronti dell’altro…) e restare con l’intenzione “diritta”, sana, pura, alla quale non si mescolano altre intenzioni che la rendono, machiavellica e che alimentano la sfiducia ed il sospetto, facendoci ottenere, invece del risultato di guarigione, ricucire la ferita, esattamente il risultato opposto: delle ferite che non si rigenerano più.