La settimana scorsa ho accompagnato un grande gruppo di una cinquantina di persone, appartenenti ad una stessa organizzazione ma di diversi livelli gerarchici, in una riflessione profonda sull’identità collettiva. L’obiettivo, che partiva da un bisogno di rigenerare il senso e l’appartenenza, era quello di vivere insieme un momento di riconnessione per ristabilire i legami ed allinearsi sul purpose.
Il laboratorio
Le 4 giornate di laboratorio, costruite insieme ad un gruppo di preparazione, partivano con una prima giornata di riconnessione di ciascuno con il perché della scelta di appartenere a questa organizzazione (il passato, le radici), seguite da una seconda giornata nella quale il gruppo ha utilizzato lo strumento narrativo “albero della vita”, prima individualmente e poi, appendendo i singoli alberi, ha costruito la “foresta della vita”, uno sguardo d’insieme sui membri dell’organizzazione, finendo con l’attività, dedicata alla riflessione sulla resilienza organizzativa “tempesta della vita” (per più dettagli sulla metodologia potete consultare i numerosi siti che sono dedicati al tema nelle diverse lingue).
Il terzo giorno era dedicato ad una condivisione dello sguardo “degli altri”: ciascun membro aveva realizzato una preparazione, intervistando degli attori organizzativi per aggiungere elementi e faccette all’identità che sono poi stati oggetto di dialogo e di condivisione in plenaria. In questa giornata erano presenti anche invitati esterni che hanno dialogato sul presente ed il futuro organizzativo, con il laboratorio.
Affrontando la realtà…
Alla fine di questa giornata insieme al gruppo con il quale ogni sera abbiamo realizzato il debriefing delle dinamiche del grande gruppo, abbiamo percepito una certa frustrazione. Gli interventi esterni avevano inserito un elemento, quello del contesto organizzativo, che fino ad allora era rimasto secondario, ma anche rimandato un’immagine dell’organizzazione difficile da accettare…difficoltà nel riconoscimento, da parte dei pubblici target, di tutti i servizi forniti, problemi di attrattività, linguaggi a volte non adattati a parlare alle fasce più giovani della popolazione…un senso di impotenza circolava tra le persone del laboratorio.
…e attraversando l’elaborazione del lutto
Durante la notte agitata che ha seguito il debriefing serale mi è apparsa chiara l’origine della desolazione al termine della terza giornata: l’attività individuale e poi collettiva “albero della vita”, “foresta della vita” aveva prodotto un senso di possibilità, di pienezza delle risorse, di forza…l’incontro con la realtà, pur pieno di incoraggiamenti, aveva invece generato una consapevolezza dei limiti e di ciò che non poteva più continuare. La desolazione veniva da un lutto che il gruppo stava attraversando.
L'”albero della vita” è una bellissima attività, generatrice di riconnessione al sé e dalle risorse e di potenziamento individuale, che apprezzo molto, ma che resta, anche nella sua versione “foresta” un’attività individuale e alla quale mancano elementi di contesto.
La quarta giornata doveva essere dedicata all’esplorazione del futuro ed ai piani d’azione. Ma come spostare l’occhio organizzativo sul futuro, a partire dal senso di perdita, di tristezza, di impotenza che si era generato? Come pensare alla rigenerazione quando il gruppo era ancora in una fase di lutto e dolore per quello che doveva finire?
Ho pensato alla metafora dell’albero, alla sua organicità, al ripetersi del rinnovamento con il passare delle stagioni…nel pomeriggio avevo ricevuto una fotografia dalla mia famiglia, a Fontainebleau, della grande sequoia che regna nell’arboretum, circondata da diversi tipi di alberi, ed ho pensato alla riproduzione dei suoi semi, che necessitano che una parte di foresta bruci per essere fecondi.
Sbloccare la rigenerazione
Ho quindi avuto l’idea di proporre al gruppo di costruire un “albero della vita” ma questa volta davvero collettivo, non la somma dei singoli alberi appesi al muro, ma un grande albero, disegnato al centro della stanza su un enorme foglio di carta: l’intera organizzazione ed il suo contesto.
L’attività del mattino è diventata un “open market” nel quale i partecipanti si sono autoorganizzati intorno ad una serie di temi elaborati insieme al gruppo di pilotaggio: la storia comune (le radici), chi siamo oggi e lo stato delle nostre relazioni (il tronco), i progetti e sogni futuri (i rami), gli embrioni di quello che sta cominciando (dei piccoli frutti), con chi abbiamo voglia di realizzare la nostra ragion d’essere (le foglie), i nostri bisogni (il suolo), quello che deve finire (il compost).
La mattinata cominciata con un tempo di silenzio e di riflessione è proseguita con un senso di gioia crescente, di legami ristabiliti, di nuove idee emergenti da ciascuno dei gruppi di lavoro. Il gruppo ha ritrovato la sua fertilità, la riconnessione con i valori e le radici comuni ed ha terminato il laboratorio non con il rituale del “piano d’azione” ma con nuove idee ben ancorate al contesto ed alla realtà, un’energia nuova, un senso di responsabilità rigenerato, con la voglia di continuare ad agire innovando e rinnovandosi.
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