L’interezza è uno dei principali attributi della Natura
Nota bene: la parola “wholeness”, utilizzata nell’articolo originale, è difficile da tradurre in italiano. Descrive il fatto di essere Uno, di essere un Tutto non frammentato. La tradurremo come “integrità”, “interezza”, e queste parole saranno messe in corsivo per riferirsi al termine “wholeness”.
Nel famoso romanzo di Umberto Eco “Il nome della rosa”, Guglielmo da Baskerville riflette sul motivo per cui, non era riuscito a capire cosa stava realmente accadendo nell’abbazia e dice al suo giovane figlioccio (parafrasi mia): “Abbiamo capito cose cruciali, giovane Adso, ma siamo rimasti ciechi alle relazioni tra queste cose”.
In natura, ogni cosa fa parte di un insieme più grande, al quale contribuisce – plasmando la sua realtà – ed essendo influenzata da questo insieme più grande in un processo ricorsivo. Nulla, infatti, può esistere da solo, nella forma e con gli attributi che osserviamo: tutto si modella e viene modellato costantemente: ad esempio, cellula del fegato influisce sul funzionamento del fegato, che a sua volta influisce sul funzionamento di tutto il nostro corpo – che a sua volta influisce sul funzionamento del fegato, quindi delle sue cellule.
I vermi nel terreno contribuiscono alla sua fertilità, che a sua volta consente la fioritura di piante che poi produrranno materiale compostabile che andrà a nutrire i vermi. In natura, le piante non possono esistere senza i vermi e viceversa.
Per semplicità, ho presentato le interconnessioni tra 2 elementi, ma in realtà, naturalmente, gli elementi tendono a essere interconnessi con molti altri – fornendo così adattabilità, resilienza e vitalità al sistema complessivo.
L’interezza è quindi il modo in cui il nostro mondo naturale si sviluppa costantemente. Non c’è separazione tra nessuno dei suoi elementi, anche se possiamo non vedere cosa li collega. Spesso siamo ciechi di fronte a questa realtà a causa del modo in cui si è evoluto il nostro pensiero razionale: per dare un senso a ciò che osserviamo, tendiamo a separare gli elementi l’uno dall’altro, ad analizzarli e a conoscerli molto bene; non c’è nulla di sbagliato in questo – anzi, ci ha aiutato a far crescere un incredibile patrimonio di conoscenze – purché non dimentichiamo il quadro più grande e sistemico.
In effetti, è un po’ come con i dipinti: è utile ingrandire un particolare (uno dei girasoli di Van Gogh o una delle navi di Turner) per esplorare il modo in cui l’artista lo ha prodotto e ciò che ha cercato di trasmettere attraverso di esso, ma alla fine facciamo un passo indietro e ci lasciamo toccare dall’esperienza che abbiamo dell’intero dipinto.
La permacultura cerca di imitare l’interezza della natura
La permacultura è un sistema di progettazione che cerca di ispirarsi alla natura per costruire sistemi di produzione alimentare resilienti e autosufficienti. Al centro di questa attività di progettazione c’è la questione delle relazioni tra gli elementi. Ne ho dato un esempio nel precedente post sul Principio #7, con la progettazione di un pollaio/serra, dove ogni elemento fornisce qualcosa di interessante per un altro.
Ci sono ancora innumerevoli altri esempi in permacultura:
- Coltivare insieme mais dolce, zucca e fagioli: il mais dolce cresce dritto, fornendo un supporto per i fagioli che si arrampicano intorno ad esso (e quindi eliminando la necessità per il giardiniere di portare canne di bambù, ad esempio); i fagioli, in cambio, fissano l’azoto nel terreno, a beneficio del mais e della zucca- quest’ultima, crescendo orizzontalmente, fornisce una copertura del terreno molto utile che aiuta a prevenire le erbacce e l’evaporazione
- Allevare anatre vicino ai filari di lattuga: la lattuga tende ad attirare le lumache, e le anatre amano le lumache! Allevandole vicino alle file di lattuga, potranno gironzolare tra le lattughe, nutrirsi di lumache e concimare il terreno con i loro escrementi; in questo modo si otterranno anatre sane e lattughe sane, senza alcun altro apporto se non quello iniziale.
- Coltivare viti davanti a un bovindo esposto a sud: quando le viti producono molto fogliame (maggio-giugno), questo blocca una parte del sole, impedendo alla casa di assorbire troppo calore attraverso il bovindo; viceversa, in inverno, dopo aver lasciato il fogliame, le viti lasciano filtrare il sole invernale attraverso la finestra e contribuiscono a riscaldare la casa.
Anche in questo caso, si tratta di esempi singoli. Ciò che la progettazione in permacultura ci invita a fare – e questo principio in particolare – è fare un passo indietro e guardare all’intero sistema che stiamo progettando. Quanto è sano e fertile nel suo insieme? Quanta quantità di cibo, ma anche di bellezza e di piacere produce? E a fronte di quanta energia investita?
Poiché la diversità è un elemento chiave della progettazione in permacultura, finiremo per produrre molti tipi diversi di cibo, forse ognuno in quantità minore rispetto a quella che avremmo ottenuto se dedicandoci alla coltivazione di una manciata di monocolture; avremmo magari una quantità minore, in totale, di lattuga iceberg, ma molti tipi diversi di insalate e foglie verdi, con un investimento energetico molto minore.
L’interezza nelle organizzazioni
Purtroppo, l’interezza è un criterio che raramente viene ricercato nelle organizzazioni. Le varie teorie organizzative che sono fiorite nel XX secolo e che tendono a plasmare le organizzazioni ancora oggi, si basano principalmente su un approccio meccanicistico e riduzionista, organizzato intorno a due obiettivi fondamentali: la crescita e il valore per gli azionisti. L’azienda viene quindi “differenziata” scomponendola in elementi per i quali vengono fissati obiettivi specifici, in base alla logica che il rendimento complessivo dell’organizzazione dipende dal miglior rendimento di ciascuna delle sue parti.
Sebbene questo approccio abbia innegabilmente prodotto molti successi, in termini di business, ha anche mostrato i suoi limiti, sia a livello interno (morale del personale, turnover, licenziamenti in caso di flessione, ecc.), sia a livello esterno (impatto sociale e ambientale, ad esempio).
E’ un approccio che assomiglia molto al modo nel quale opera l’agricoltura intensiva:: produce molto cibo e quindi trasmette un’idea di alta efficienza, ma in realtà ha un impatto ambientale e sociale spaventoso (inquinamento dei fiumi, uccisione ed erosione dei nostri suoli, alti tassi di indebitamento e di suicidio tra gli agricoltori, ecc.). Queste sono considerate esternalità e quindi non vengono prese in considerazione nella valutazione di efficacia del modello.
Queste organizzazioni possono anche essere particolarmente difficili da gestire: quando si divide il tutto in parti e si rendono responsabili persone specifiche per parti specifiche, queste, in modo del tutto naturale e onesto, faranno tutto il possibile per il successo della loro parte, anche quando ciò significa lottare contro altre parti dell’organizzazione. Le riunioni dei dirigenti possono quindi diventare un momento dedicato alla gestione degli interessi di tutti e al contenimento delle dinamiche che ne derivano, con un’efficacia diminuita o nulla.
Per fortuna esistono approcci interessanti che hanno dimostrato che integrare piuttosto che segregare possa rivelarsi un approccio migliore.
Uno esempio di questi, spesso citato, è Favi, un’azienda francese produttrice di cambi per auto, che ha trasformato radicalmente il suo modello organizzativo per diventare una “azienda liberata”. Le attività dell’azienda sono organizzate intorno a 2 principi: 1) L’uomo è buono; 2) Ama il tuo cliente. La fabbrica è stata suddivisa in diverse mini-fabbriche, con un numero di dipendenti compreso tra 12 e 20. Ogni unità è responsabile di tutto, dal marketing alla produzione, alle vendite, alle risorse umane, ecc. Le stesse persone che costriscono i riduttori sono responsabili anche della valutazione delle esigenze dei clienti e della loro soddisfazione; decidono il prezzo da applicare ai clienti e gli stipendi da assegnare a se stessi, in modo che l’intera mini-fabbrica possa continuare a prosperare.
Questa nuova organizzazione ha ridotto la maggior parte dei servizi di supporto centrale, aumentando l’efficienza finanziaria. Il contatto diretto con i clienti, e con il mercato in generale, ha fatto sì che le esigenze dei clienti vengano soddisfatte meglio: più rapidamente, con meno errori e con un migliore adattamento ai nuovi elementi che emergono da quei clienti o dal loro contesto.
Favi ha praticato lo stesso prezzo ai propri clienti per decenni, continuando a crescere lentamente in termini di personale. In effetti, durante la crisi del 2008, le vendite di automobili (e quindi il fabbisogno di cambi di velocità) sono calate drasticamente e l’amministratore delegato di Favi, Jean-François Zobrist, ha dovuto cominciare a pensare di ridurre una parte del personale. Ma una decisione del genere sarebbe stata contraria alla cultura che aveva introdotto; così, piuttosto che prendere una decisione da solo, ha riunito tutti i 4-500 dipendenti nel grande capannone, presentando loro i fatti: calo delle vendite, costi degli stipendi e chiedendo “Cosa pensate che dovremmo fare?”. L’intera folla ha impiegato circa 10 minuti per generare consenso intorno alla seguente idea: continuiamo tutti a lavorare 5 giorni, ma veniamo pagati per 4 giorni, e questo per 1 mese, e poi rivalutiamo. Lo stesso Zobrist si è stupito di come questo sistema organico e completo abbia prodotto una soluzione così elegante e semplice.
Il risultato è che Favi è riuscita a rimanere a galla in quel periodo, quando alcuni dei suoi concorrenti sono andati in bancarotta e quindi è stata in grado di recuperare parte delle loro quote di mercato e di tornare a una settimana intera di lavoro per una settimana intera di retribuzione.
Integrare piuttosto che segregare può avvenire anche attraverso il modo in cui si progetta il posto di lavoro, in modo che il sistema nel suo complesso possa produrre cose che nessuna delle sue parti può fare da sola. Questa è stata la logica con cui l’Istituto Max Planck di Francoforte, che ospita molti grandi scienziati nella loro disciplina altamente specifica, ha progettato il suo edificio.
Il team di gestione dell’istituto si è trovato di fronte al seguente dilemma: come possiamo fornire a ciascuno dei nostri scienziati residenti le condizioni migliori per portare avanti le sue ricerche, incoraggiando tutta la comunità, nello stesso tempo, a scambiare idee e innovare insieme, in modo che il centro Planck non diventi un semplice centro di affitto uffici?
La decisione è stata quella di avvalersi dell’aiuto di un architetto d’interni, che ha sviluppato l’ergonomia del luogo in modo tale che gli scienziati dovessero incontrarsi e chiacchierare più volte al giorno. Dal punto di vista della progettazione permaculturale, si tratta di collocare piante, arbusti e animali vicini tra loro, in modo da garantire lo sviluppo di relazioni benefiche, per poi lasciare a loro e alla Vita il compito di auto-organizzare quali relazioni si svilupperanno e come.
Ed è proprio questo che è successo al Max Planck Institute.
E adesso a voi: cosa potreste fare per incarnare questo principio? Dove manca l’integrazione e dove la segregazione si è estesa troppo? Come potreste ripensare alcuni dei vostri team, per incoraggiare più connessioni tra le diverse parti della vostra organizzazione? Quali, tra i vostri processi chiave, potrebbero essere riprogettati per renderli più snelli, agili e reattivi? E quale autorità e potere siete disposti a delegare perché ciò avvenga?
Infine: quali nuove conversazioni, idee e modalità operative potrebbero emergere se passaste da un paradigma di “crescita” a un paradigma di “vitalità”?
Partager :
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) LinkedIn
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
- Fai clic per condividere su Threads (Si apre in una nuova finestra) Threads
- Fai clic per condividere su Bluesky (Si apre in una nuova finestra) Bluesky
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra) Telegram
- Fai clic per condividere su Mastodon (Si apre in una nuova finestra) Mastodon
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra) E-mail